Recensione: Il Sanatorio

 Il Sanatorio di Sarah Pearse 

Titolo: Il sanatorio

Titolo Originale: The Sanatorium 

Autore: Sarah Pearse 

Genere: Thriller 

Prezzo Cartaceo: € 3,90

Prezzo Ebook: € 2,99

Pubblicazione: 2022

Editore: Newton Compton Editori

Collana: King

Valutazione: ⭐⭐

Trama: Un lussuosissimo hotel ad alta quota sulle Alpi svizzere è l'ultimo posto in cui Elin Warner vorrebbe trovarsi. Ma si è presa una pausa dal lavoro di detective, e così, quando riceve di punto in bianco l'invito a festeggiare il fidanzamento del fratello, non ha altra scelta che accettare. Arrivata nel bel mezzo di una tempesta violentissima, Elin si sente subito nervosa: l'atteggiamento di suo fratello Isaac le sembra strano e c'è qualcosa in quell'hotel, completamente isolato, che le dà i brividi. Forse ha a che vedere con il fatto che prima della ristrutturazione fosse stato un sanatorio abbandonato... Quando, la mattina dopo, gli invitati scoprono che Laure, la promessa sposa, è scomparsa senza lasciare traccia, il disagio di Elin cresce, mettendola davanti a domande che non avrebbe mai voluto porsi. Suo fratello ha qualcosa a che fare con la sparizione della fidanzata? La neve caduta blocca l'accesso all'hotel e il panico comincia a diffondersi tra gli ospiti. Nessuno si è ancora reso conto che un'altra donna è scomparsa. Ed è l'unica che avrebbe potuto avvertirli del pericolo.

Recensione: Molti hanno paragonato questo thriller a Shining ma non mi sembra una similitudine così "azzeccata".

L'unica cosa che li accomuna è l'ambientazione in un hotel di lusso e il senso di isolamento assoluto dovuto alla posizione dello stesso e le condizioni climatiche avverse.

All'inizio mi ha preso moltissimo: la storia dell'ex sanatorio, mille sotto trame che vengono appena accennate e che aprono un infinità di scenari differenti, sparizioni sospette, omicidi efferati e con riferimenti inquietanti al passato.
Sarà che leggo talmente tanti libri di questo genere che difficilmente rimango sconvolta da qualcosa, fatto sta che dalla metà in poi la lettura si è fatta piuttosto prevedibile per me e anche la soluzione del caso non mi ha colta di sorpresa.
In difesa dell'autrice, devo dire che le ultime due pagine mi hanno regalato un piccolo colpo di scena che apre però all'ennesima serie sulla detective problematica dal passato tremendo. 
Se dovessi riassumere in poche righe questa lettura direi "tanto rumore per nulla".

Ottima capacità descrittiva ed espositiva, belle idee di base ma niente che un appassionato non abbia già visto/letto.

Per chi non è così esperto del genere, invece, potrebbe rivelarsi una lettura interessante o in ogni caso almeno farete un bel viaggio da poltrona in un hotel a cinque stelle sulle Alpi.










Recensione: Al cuore dell'impero

 Al cuore dell'impero. Napoleone e le sue donne fra sentimento e potere di Alessandra Necci 

Titolo: Al cuore dell'imperatore

Autore: Alessandra Necci 

Genere: Libri di Storia-Biografie 

Prezzo Cartaceo: € 13,00

Pagine: 400

Pubblicazione: 7 aprile 2022

Editore: Marsilio

Collana: Universale economica Feltrinelli

Valutazione: ⭐⭐⭐⭐

Trama: Secondo Stendhal, per Napoleone sarebbe stato meglio non avere una famiglia. Genio poliedrico, grande stratega, conosce un destino contraddistinto prima dalla fedeltà e dall'adulazione, poi dall'abbandono e dal tradimento. Tra ricostruzioni storiche, testimonianze e leggende dell'Europa rivoluzionaria, Alessandra Necci compone una biografia di Napoleone attraverso sette ritratti familiari, affascinanti e carismatici, sfatando i miti sulle donne che lo hanno circondato determinandone spesso il successo. Alcune sono già celebri, come Giuseppina, la consorte rinnegata, o la sorella Paolina, bella e voluttuosa. L'ascendente di altre personalità è meno noto, ma altrettanto profondo: su tutte spicca la madre di Napoleone, Letizia, austera matriarca corsa. Ci sono poi le sorelle Elisa, abile calcolatrice politica, e Carolina, ossessionata dal potere. E ancora, le figure che segnano l'ultima parte della vita di Napoleone, la contessa polacca Maria Walewska, generosa amante, e Betsy Balcombe, che gli sarà vicina a Sant'Elena.

Recensione: Tutti gli amanti di storia avranno sentito parlare di Napoleone Bonaparte, politico e generale francese nonché fondatore del primo impero francese.

Quella di Napoleone è una personalità complessa che rispecchia la vita vissuta fra battaglie, amori, gioie e delusioni.

Un ruolo fondamentale nella sua vita hanno avuto le donne: la madre, le sorelle, le mogli e le amanti.

Non possiamo parlare di Napoleone senza menzionare le presenze femminili della sua vita e "Al cuore dell'impero" è una raccolta di biografie di coloro che hanno cambiato la vita del grande generale.

Ho apprezzato molto la presenza degli scritti di Napoleone dedicati alle donne di cui si parla e la sua lunga lettera scritta in esilio sull'isola di Sant'Elena dove morì il 5 maggio del 1821.

La lettera che è una sorta di introduzione del libro è molto personale, ci permette di entrare nell'animo di Napoleone non come generale ma innanzitutto come uomo ed entriamo, come dice il titolo, nel cuore dell'impero.

Veniamo a conoscenza della vita e del modo di essere di Letizia Ramolino Bonaparte, Madame Mère, una donna forte e determinata su cui poeti e scrittori come Giosuè Carducci e Stendhal scriveranno dei bellissimi versi.

Napoleone aveva sorelle tra cui Elisa, Carolina e Paolina, la più conosciuta grazie anche alla bellissima scultura in marmo dedicatale da Antonio Canova.

Sono tre donne molto diverse fra di loro, con diversi caratteri, diverse ambizioni e sembra che in comune avessero solo il fratello Napoleone.

Si dice che Elisa sia la più intelligente, Paolina la più bella e Carolina la più assetata di potere tantoché tradirà il fratello a causa della sua ambizione.

La scrittura dell'autrice è molto chiara, pulita e il libro è ricco di informazioni scritte in modo coinvolgente senza mai far annoiare il lettore.

Ci sono spesso scritti dei protagonisti e lettere che rendono la narrazione ancora più reale permettendo al lettore di entrare nell'epoca e nel cuore dell'impero.




Recensione: Antonio e Cleopatra

 Antonio e Cleopatra di William Shakespeare 

Titolo: Antonio e Cleopatra 

Titolo Originale: Antonio and Cleopatra 

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Inglese-teatrale (classici)

Prezzo Cartaceo: € 10,00

Pagine: 286

Pubblicazione: 5 maggio 2016

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica. I classici

Valutazione: ⭐⭐⭐

Trama: La illimitata libertà spaziale e temporale (l'azione, che è quella dell'amore fatale di Antonio e Cleopatra, ma anche quella delle lotte tra i triumviri dopo la morte di Giulio Cesare e della nascita dell'Impero, percorre le città, le terre e i mari di tre continenti), la mescolanza di comico e tragico, le trasgressioni sceniche e linguistiche, sono tutti elementi che raggiungono in quest'opera della piena maturità del drammaturgo (la datazione si può collocare intorno a1 1608) il loro vero e proprio apogeo. "Antonio e Cleopatra" è una grande tragedia d'amore, un grande dramma politico ma anche un discorso sull'arte e sull'esperienza artistica.

Recensione: L’opera si apre con Antonio fermo in Egitto presso la seducente regina Cleopatra, per la quale è preso da cieca passione.

Tuttavia il triumviro, venuto a sapere che Pompeo si prepara ad attaccare nuovamente, è suo malgrado costretto a rientrare in patria per fronteggiare la situazione coi colleghi Lepido e Ottaviano.

Per rinsaldare i difficili rapporti con quest’ultimo, si decide di dare in moglie ad Antonio sua sorella Ottavia, il che genera le ire di Cleopatra; tuttavia l’iniziativa si rivela presto fallimentare, poiché la fanciulla non può competere con la regina nel cuore di Antonio.

Egli infatti, tornato in Egitto e dopo averne incoronato se stesso e Cleopatra sovrani, viene in conflitto aperto con Ottaviano.

Lo scontro navale vede però il tradimento della regina d’Egitto, che ritira le sue navi, provocando la netta sconfitta del deluso e disonorato Antonio.

Il triumviro tuttavia la perdona facilmente, così come farà di lì a poco dopo aver visto Cleopatra flirtare con un messaggero di Ottaviano. Cieco al tradimento della sua amata, riprende il conflitto col nemico, che ancora una volta risulta vincitore. Infuriato con la regina per averlo tradito, vuole ucciderla; dunque ella escogita uno stratagemma per muoverlo a pietà: rifugiarsi nel mausoleo e fargli arrivare la notizia della sua morte.

L’esito del piano è però diverso da quello che Cleopatra si aspettava: invece di correre disperato al mausoleo a piangerla, Antonio opta per il suicidio e si fa uccidere da un servo; la regina arriva in tempo solo per vederlo spirare. Successivamente, temendo di doversi prestare al pubblico ludibrio a causa di Ottaviano, Cleopatra si avvelena morendo eroicamente e preservando il suo onore.


A metà tra storia e mito, tra tragedia e commedia (in quanto sono presenti elementi dell’uno e dell’altro genere), quest’opera pone simbolicamente a confronto Roma e Alessandria d’Egitto.
Roma rappresenta il potere, si fonda sulla ragion di stato, incarnata da Ottaviano, e può essere letta in chiave metaforica come una critica alle costrizioni che il potere impone a coloro che se ne occupano. Alessandria rappresenta il trionfo dell’edonismo, fondato sul piacere e sulla bellezza che la bellissima Cleopatra incarna alla perfezione, e si configura come un luogo utopico d’attrazione, interpretabile come un’esaltazione delle naturali pulsioni dell’uomo.
Tra la razionalità e la logica statale di Ottaviano e il desiderio sprizzato dalla seducente femminilità di Cleopatra si pone un Antonio incapace di gestire l’una e l’altra dimensione.
Tirato da ambo le parti e incapace di conciliarle, egli finisce col degradare se stesso: infatti, da un lato viene meno al suo eroismo da condottiero scontrandosi con il suo collega triumviro e disinteressandosi della sua patria minacciata perché preso dalla passione, dall’altro persevera, come accecato, nel non rendersi conto dell’ambiguità della regina egizia, soprassedendo ai suoi tradimenti e giungendo infine all’autodistruzione.
Peraltro, il suo dramma si consuma nell’ignominia, poiché egli non è nemmeno in grado di compiere da sé l’onorevole suicidio, umiliandosi ancora una volta e portando a compimento la composizione della sua immagine di anti-eroe vinto dalla passione.
Tuttavia Antonio, invece di punirlo confiscandone i beni, ordina che questi gli vengano immediatamente consegnati. 
D’altronde anche Ottaviano, pur vincitore, mostrando il suo animo nobile, non riserva ai morti un trattamento indegno, anzi li seppellisce con tutti gli onori meritati.

L’ambiguità dei personaggi non consente di ricavare una morale univoca. Riconoscimento dell’ineffabile forza vincente della passione? Amaro riconoscimento da parte dell’autore della costante sconfitta dell’umanità di fronte al potere? Come sempre Shakespeare, con uno stile fluido e di grande altezza poetica, instilla il dubbio, lasciando allo spettatore/lettore l’arduo compito di rispondersi.




Recensione: Macbeth

 Macbeth di William Shakespeare 

Titolo: Macbeth

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Inglese-teatrale (classici) 

Prezzo Cartaceo: € 9,00

Pagine: 256

Pubblicazione: 1 novembre 2013

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica. I classici 

Valutazione: ⭐⭐⭐⭐

Trama: Macbeth torna vittorioso dal campo di battaglia e tre streghe gli profetizzano un glorioso destino, ivi compresa la Corona di Scozia. La sete di potere, condivisa e stimolata anche dalla moglie Lady Macbeth, lo spinge al delitto e infine all'amaro disinganno, per cui l'esistenza non è che 'una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla'.

Recensione: Macbeth, barone di Scozia e valorosissimo guerriero, si guadagna il favore del grande Re Duncan grazie al coraggio dimostrato in battaglia, tanto da avere l'onore di ospitarlo in casa sua.

Il Male, grande protagonista di questo dramma, annuncia a Macbeth che egli diverrà Re di Scozia.
Per quanto la ritenga assurda e insensata, questa profezia farà scattare nel cuore di Macbeth un meccanismo oscuro, che accompagnato dalla sua grande ambizione lo corromperà fin dentro le viscere.
Sostenuto da una moglie ambiziosa quanto lui, se non di più, egli diverrà effettivamente Re di Scozia; ma sanguinoso e meschino sarà il modo in cui egli adempirà lo scopo.
Intraprenderà un viaggio dal quale il suo corpo farà ritorno, ma non la sua anima. O almeno, non la stessa.
All'inizio tutto è paura, ma la paura è un ostacolo ben camuffato, una volta scoperta la sua natura inconsistente essa si supera con facilità.
Basta affrontarla e sconfiggerla per la prima volta.

L'anima di Macbeth si corrompe irrimediabilmente, "sono avanzato a tal punto nel sangue, che il tornare mi sarebbe faticoso quanto il procedere", dice.
Forze opposte combattono tra loro, il bene e il male, il timore e il coraggio, l'onore e il disonore.

Il mutamento in Macbeth è graduale, ma spaventoso; come l'antitesi di una crisalide che si trasformi in farfalla.
Colui che si lascia affascinare dal male, dai suoi doni preziosi e luccicanti, dovrebbe almeno conoscerne le macabre conseguenze.
La morale svanisce man mano, Macbeth non teme più nulla, non conosce più misericordia, né amore, né affetto.

Egli non è più un uomo, è un diavolo che ha sacrificato il suo cuore per qualcosa che una volta ottenuto, ha perso la sua importanza.
Eppure, pur di non perderlo, questo diavolo sarebbe disposto a mettere il mondo a ferro e fuoco e a sacrificarne gli abitanti senza il minimo rimorso.
Ma anche quando l'ultima minaccia viene eliminata, nemmeno allora, quella corrotta e tormentata anima troverebbe la pace.
Fugace e falsa è la gloria di colui che la ottiene tramite l'inganno, il sangue e il dolore altrui.
Disonore, a Macbeth.



Recensione: Re Lear

 Re Lear di William Shakespeare 

Titolo: Re Lear

Titolo Originale: King Lear 

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Inglese-teatrale (classici)

Prezzo Cartaceo: € 9,00

Pagine: 319

Pubblicazione: 8 ottobre 2014

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica. I classici

Valutazione: ⭐⭐⭐⭐

Trama: "Lungi dall'essere poco teatrale, Re Lear può ben dirsi l'opera più teatrale di Shakespeare, e ciò nel senso che in essa il linguaggio del drammaturgo raggiunge la sua più alta, e specifica, intensità ed espressività. Né poteva essere diversamente. Nel dramma, composto intorno al 1605 (poco dopo l'Otello e pressoché contemporaneamente al Macbeth) e dunque nel momento in cui più profonda era la sua riflessione sull'uomo e sulla sua condizione, Shakespeare crea un linguaggio la cui 'teatralità' è suprema perché suprema è la funzione che ad esso viene affidata; un linguaggio che, volendo esplorare e conoscere il movimento e le ragioni della vita, ha così approfondito e arricchito le proprie specifiche risorse e qualità da aver bisogno, come mai prima, del proprio elemento naturale, il teatro." (dalla Prefazione)

Recensione: Ottima versione economica Feltrinelli del Re Lear di Shakespeare, con una buonissima traduzione (e testo originale inglese a fronte) e delle note ricche ed esaustive.

Il Re Lear è forse una delle tragedie più complesse di Shakespeare, dove si narra di pazzia, rottura dei legami familiari, guerre civili, lotta per il potere, il tutto attraverso la storia di Lear che dividendo il suo Regno in tre parti uguali per affidarle alle sue tre figlie, decide di escludere dall'eredità Cordelia, l'unica figlia che lo ama davvero.

Il Re Lear è una tragedia estremamente moderna, ricca di personaggi memorabili, una tragedia tutta giocata sulla forza espressiva della parola, come ci ricorda anche il monlogo finale recitato da Edgar. "Nothing will come of nothing": dal cuore vuoto e apatico di Goneril e Reagan nascerà la rovina di Lear, ovvero la perdita del suo titolo e delle sue terre, ma soprattutto del suo amore per le figlie e della sua sanità mentale.

Lear non è pìù nulla: il suo potere e la sua autorità li ha scambiati per un mucchio di parole vuote.

Libro che consiglio. 




Recensione: Giulio Cesare

 Giulio Cesare di William Shakespeare 

Titolo: Giulio Cesare 

Titolo Originale: Julius Caesar 

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Inglese-teatrale (classici)

Prezzo Cartaceo: € 9,00

Pagine: 256

Pubblicazione: 1 novembre 2013

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica. I classici

Valutazione: ⭐⭐⭐

Trama: Uno "stanco" Cesare, un Bruto "intellettuale", Cassio, Antonio e poi Ottaviano sono tutti coinvolti nella moderna riflessione sulla condizione umana, in un dramma che anticipa l'Amleto e preannuncia la massima stagione dell'arte shakespeariana. Tutto passa e tutto cambia; i miti sorgono e decadono per essere sostituiti da altri che a loro volta crolleranno; la realtà è inafferrabile e sfuggente, osservabile da mille interpretazioni. Testo originale a fronte.

Recensione: A dispetto del titolo, questo dramma in cinque atti non fa di Giulio Cesare il protagonista, si assiste invece alla rappresentazione del passaggio dall’apoteosi cesariana alla successiva ed ennesima piega assolutistica che prenderanno gli ormai agonizzanti statuti repubblicani.

In mezzo, l’eversivo tentativo di difesa del repubblicanesimo maturato da Cassio e dai suoi compagni che passeranno alla storia per aver ucciso Cesare.

Egli muore nel terzo atto, autocelebrandosi come irremovibile nelle sue decisioni, unico fra gli uomini, inattaccabile, un uomo che non si piega alla piccolezza delle relazioni umane ma vede oltre, con lo sguardo sagace, lo stesso che attonito si spegnerà constatando il tradimento del suo Bruto. 
I primi due atti sono invece funzionali a descrivere l’ opportunismo della plebe urbana che inneggia a Cesare e al suo trionfo, dimentica di aver reso lo stesso omaggio prima a Pompeo, o ancora a imbastire la congiura ai danni di Cesare cercando di convincere Bruto, limandone le sue ultime resistenze.
È proprio la rappresentazione del dissidio interiore di Bruto ad occupare l’intero secondo atto.
Solo, Bruto medita, pondera i fatti, gli atteggiamenti, i comportamenti del suo caro amico e condanna insieme al lui il genere umano quando mostrandosi umile sta in realtà salendo i gradini della nota scala chiamata ambizione.
Lui seguirà i cospiratori ma si porrà anche come il mediatore fra la brutalità dell’omicidio e la necessità del suo compiersi, gestendo infine di fronte ai concittadini e ad Antonio le sue ragioni: “… ho ucciso il mio migliore amico per il bene di Roma, ma serberò lo stesso pugnale per me, quando il mio paese riterrà necessaria la mia morte”.
Il dramma, dopo il memorabile discorso di Antonio che con fine arte oratoria afferma ciò che nega, si avvia alla conclusione rappresentando il costituirsi del secondo triumvirato e il decisivo scontro a Filippi, e non tanto per evidenziare il conflitto tra Antonio e Bruto quanto per confermare quella lontananza di intenti che già emergeva nel primo atto tra Bruto e Cassio.
Intenso dramma che rappresenta la distanza fra il fine e il mezzo quando in gioco ci sono alti ideali quali la libertà e l’uguaglianza che per essere garantite hanno necessità della violenza. 





Recensione: Riccardo III

 Riccardo III di William Shakespeare 

Titolo: Riccardo III

Titolo Originale: King Richard III

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Inglese-Teatrale (classici) 

Prezzo Cartaceo: € 9,00

Prezzo Ebook: € 2,99

Pagine: 303

Pubblicazione: 15 gennaio 2015

Editore: Garzanti

Collana: I grandi libri

Valutazione: ⭐⭐⭐

Trama: Dalla prima rappresentazione teatrale fino alle recenti produzioni cinematografiche, la "leggenda nera" di Riccardo III ha sempre goduto di una vasta fortuna. L'intelligenza sfavillante e demoniaca dell'usurpatore, la sua mostruosità morale, emblema di un mondo governato dalla violenza, dalla frode e dalla paura, mettono in ombra ogni altro personaggio di questo dramma della volontà di potenza. Shakespeare non giudica Riccardo né lo condanna, ma suggerisce un nesso tra la sua smodata malvagità e la sua deformità fisica. Contro quella "perfida natura" che l'ha "solo per metà sbozzato", Riccardo III ingaggia una sfida disperata: "Visto, dunque, che il cielo ha così formato il mio corpo/l'inferno perverta la mia mente sicché corrisponda ad esso". Introduzione di Nemi D'Agostino.

Recensione: Il duca di Gloucester (in seguito Re Riccardo III) è senza alcun dubbio il personaggio più sanguinario della produzione shakespeariana.

Subdolo come Iago in "Otello", egli è un uomo capace di eliminare senza remore tutto (e tutti) ciò che si frappone tra sé e il suo obiettivo: il trono.
Tutto, in quest’opera, ruota intorno a colui che le presta il nome, il quale giustifica le sue cruente azioni attribuendole al suo mostruoso aspetto, all’inclemenza della natura che non gli ha concesso un’esteriorità apprezzabile impedendogli di condurre una vita normale e, dunque, di sviluppare un animo buono.
La decisione di cominciare ad agire in armonia con la propria bruttezza, dunque, è la premessa che da inizio al “Riccardo III”, considerata una delle tragedie più forti del Bardo.

Basta prendere in considerazione i personaggi femminili che per mano di Riccardo hanno subìto sofferenze e ingiustizie imperdonabili: nonostante i gravissimi torti subiti, dopo doverose ma fin troppo brevi resistenze finiscono tutte per cedere al fascino delle parole e dei motivi del duca.
Nonostante non sia la coerenza narrativa quel che più ci interessa in un’opera shakespeariana, in questa tragedia più che in altre si nota qualche forzatura di troppo che toglie potenza ai versi.
Nessuno nutre dubbi sulle malefatte del duca di Gloucester né tantomeno lui si preoccupa di negarle a lungo, ma questi orrendi crimini che toccano persone molto care ai diretti interessanti vengono ben presto accantonate, come non fossero abbastanza gravi da rifiutargli concessioni anche importanti.
Giusto per fare un esempio e sempre soffermandoci sui personaggi femminili, Anne concede la propria mano all’assassino del proprio marito, mentre accompagna la bara di quest'ultimo verso la sepoltura: mai vedovanza fu così breve.
Nondimeno, la regina offre la mano di sua figlia all’assassino dei suoi bambini, consapevole anche che quell’uomo è oltretutto responsabile della morte della sua precedente consorte: Anne.

Ai miei occhi tuttavia, queste scelte hanno finito per mettere questa tragedia un gradino sotto alle altre citate sopra, che restano salde sul trono a dispetto dell’usurpatore Riccardo, che avrà anche spodestato il Re, ma non scalza gli altri capolavori creati dal grandissimo William Shakespeare.

"Andate, signori! Ognuno al suo posto. I vani bisbigli dei sogni non atterriscano le nostre anime. 
La coscienza è una parola usata dai vili, inventata per impaurire i forti. Le nostre braccia potenti siano la nostra coscienza, le spade la nostra legge.
Avanti: combattiamo con coraggio, buttiamoci nella mischia; se non saremo adatti per il cielo allora, tenendoci per mano, andremo all'inferno."



Recensione: Otello

 Otello di William Shakespeare 

Titolo: Otello

Titolo Originale: Othello

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Inglese-Teatrale (classici)

Prezzo Cartaceo: € 9,50

Prezzo Ebook: € 0,50

Pagine: 301

Pubblicazione: 5 Giugno 2013

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica. I classici 

Valutazione: ⭐⭐⭐⭐

Trama: Nell'"Otello" la parola diventa destino e per questo, al di là dei molti temi di cui la tragedia è ricca (dallo studio della gelosia alla rappresentazione dell'operare del male, dall'analisi della follia alla percezione di quella grande crisi di trasformazione, di quel passaggio dal Medioevo all'età moderna che è alla base dell'arte shakespeariana), essa offre il suo più straordinario contributo nel proporre una nuova, moderna immagine di eroe tragico. Un eroe che cade perché non riesce a leggere il mondo e perciò a conoscerlo. Esso è per lui una sfinge, un enigma, e la parola è mistero e inganno, illusione e simulazione, apparenza che però incide sulla realtà e la distorce, rendendo la conoscenza impossibile e portando alla catastrofe. Il percorso tragico non è più determinato da un fato esterno all'uomo ma dall'incapacità dell'uomo (ormai solo, in un universo senza dei) di decifrare il testo-mondo.

Recensione: “Io non sono quel che sono”, dice Iago all’inizio della tragedia, e a parer mio questa sentenza è la chiave del dramma del Moro di Venezia.

Otello è infatti la tragedia di come i fatti possano essere resi diversi da ciò che sono, grazie al potere mistificatore del linguaggio ed all’incapacità di percepire i fatti come realmente accadono quando qualcuno si assume il compito di interpretarli per noi.

Otello è anche il dramma di chi, per insufficiente capacità critica, si lascia soggiogare dalle opinioni altrui, anche quando queste sono palesemente contrarie all’evidenza e portano all’autodistruzione.

Otello non è quindi solo un dramma della gelosia: direi anzi che la gelosia è solo un pretesto, un argomento utilizzato da Shakespeare, in quanto sentimento facilmente comprensibile dal pubblico, per esemplificare i danni che l’uso distorto e fazioso del linguaggio può provocare all’uomo e alla società.

Shakespeare scrive Otello nei primi anni del XVII secolo, dopo avere già creato opere come Giulio Cesare e Amleto e subito prima di Re Lear e Macbeth. Siamo nel pieno della maturità artistica del Bardo, nel cuore dei drammi dialettici, caratterizzati dall’indagine dell’agire umano e di come questo sia condizionato da concreti fattori sociali, relazionali e psicologici. 
La trama di Otello è nelle sue grandi linee universalmente conosciuta, probabilmente anche perché è stato facile divulgarla sotto forma di drammone della gelosia.
Sembra comunque utile riassumerla brevemente.
Otello, il Moro, abile comandante militare, ha sposato in segreto Desdemona, molto più giovane di lui e figlia di un potente senatore della Serenissima. Quando Cipro è minacciata dai turchi Otello viene nominato governatore dell’isola, sulla quale si trasferisce con la giovane sposa e i suoi stretti collaboratori.
Tra questi vi è Iago, che lo odia perché Otello ha nominato come luogotenente il giovane Cassio, lasciandogli il posto meno prestigioso di alfiere.
Tutti si fidano ciecamente di Iago, considerato saggio e fedele. Quest’ultimo inizialmente trama per far cadere in disgrazia Cassio presso Otello, quindi concepisce il piano per distruggere lo stesso Moro: instillargli abilmente il dubbio che Desdemona lo tradisca con Cassio.
La prova sarà quella, celeberrima, del fazzoletto regalato da Otello a Desdemona. Mentre la minaccia dei turchi viene meno perché la loro flotta ha fatto naufragio nella tempesta, il dramma si compie ed un Otello accecato dalla gelosia strangola l’incolpevole Desdemona: Emilia, moglie di Iago, che è stata l’inconsapevole protagonista dell’affaire del fazzoletto, a quel punto capisce la perfidia del marito, e lo denuncia alle autorità veneziane giunte a comunicare la nomina di Cassio a governatore e ad Otello l’ordine di rientrare in patria: prima di essere arrestato Iago uccide la moglie, mentre Otello, resosi conto del terribile tranello in cui è caduto, si suicida.
È quindi davvero un drammone, dall’impianto esteriore oggettivamente d’appendice, giustificato dal fatto che Shakespeare viveva di teatro e con il teatro, dovendo giocoforza mettere in scena opere che piacessero al pubblico, che potessero attirarlo con la forza dei grandi sentimenti.
Questo fatto, lungi dall’essere un limite, rappresenta a mio avviso un altro elemento di grandezza dell’autore, capace, come solo i grandi artisti sono in grado di fare, di costruire le sue opere a diversi livelli, così da catturare il pubblico dell’epoca con gli elementi triviali e al contempo indurlo a riflettere attraverso i messaggi subliminali di cui la tragedia è infarcita.
In Otello il tema del linguaggio diviene dominante in senso assoluto, e può essere scomposto in vari filoni d’analisi
Un primo aspetto fondamentale da considerare è infatti l’uso che Shakespeare fa del linguaggio per caratterizzare, per dare il tono della tragedia.
Esemplari riguardo a ciò sono i monologhi e le battute di Otello, il quale passa dal tono quasi retorico del primo monologo, nel quale spiega al Senato veneziano il motivo per cui Desdemona si è innamorata di lui, alle espressioni sincopate e sovente volgari usate nei momenti in cui l’insinuante linguaggio di Iago lo convince della colpevolezza della moglie, per tornare ad un tono ufficiale nel monologo che precede il suicidio.
Attraverso questi cambiamenti plateali nel linguaggio usato da Otello l’autore riesce a descrivere in maniera perfetta la progressiva alterazione della realtà elaborata dalla mente di Otello, il suo sprofondare negli abissi della gelosia e dell’insicurezza.
E’ questo un elemento che attribuisce grande forza espressiva e grande modernità alla tragedia, che per il fatto di essere un’opera teatrale non può essere supportata da descrizioni ambientali o caratteriali, ma deve affidare alle parole direttamente dette dai personaggi l’esplicitazione dell’atmosfera che si respira in ogni scena.
Ancora più sofisticato è l’uso che Shakespeare fa del linguaggio di Iago, che mantiene una apparente ed ambigua uniformità per tutta la tragedia, divenendo tuttavia una vera e propria arma di disinformazione ed inganno nei colloqui con il Moro e non solo: Iago si atteggia sempre ad umile e fedele servitore di Otello, e tutti lo credono tale (molto spesso è chiamato, da Otello, Desdemona Cassio, le sue vittime, l’onesto Iago) ed è proprio la sua proprietà di linguaggio, l’uso ambiguo che è in grado di farne a costituire la sua diabolica forza: in alcuni passaggi la sua capacità di insinuare, di far intendere il contrario di ciò che letteralmente dice richiama alla memoria il già citato discorso di Antonio nel Giulio Cesare.
Quando viene arrestato e gli viene chiesto perché abbia ordito una tale mostruosa macchinazione contro Otello, risponde: “Non chiedete nulla, quel che sapete sapete. D’ora in avanti non dirò parola”. La parola, il linguaggio, hanno perso per lui ogni significato, sono del tutto inutili ora che non può più utilizzarle come le armi più pericolose.
Notiamo anche, sempre in tema di linguaggio della tragedia, un particolare forse secondario, ma a mio avviso di un certo interesse. Otello non è un’opera completamente originale: Shakespeare si ispirò largamente alla novella Il Moro di Venezia, scritta dal ferrarese Giambattista Giraldi Cinzio nel 1565, quindi circa quarant’anni prima.

Shakespeare mostra quindi in Otello la piena coscienza dell’importanza del linguaggio e delle sue ambiguità come strumento di potere, di manipolazione della realtà e di costruzione di false oggettività.
Qui egli fa però anche un altro passo in avanti sulla strada del rapporto ambiguo tra segno e realtà: ci avverte che neppure ciò che vediamo con i nostri occhi è oggettivo, essendo sempre filtrato dai nostri schemi mentali (o dai nostri pregiudizi). 

Se Otello è innanzitutto un dramma del linguaggio non va dimenticato il fatto che è anche un dramma della stupidità, secondo l’epiteto che più volte Emilia rivolge al Moro nel finale e infine Otello rivolge a sé stesso. 

Il personaggio più debole della tragedia è forse la povera Desdemona, poco più che una bambina incolore, petulante nella richiesta di riabilitazione di Cassio, che se ne va, accusata di essere "una donna di facili costumi" senza conoscere davvero il significato dell’epiteto, improbabilmente cantando la canzone del salice, lei che forse se fosse vissuta avrebbe davvero, ma molto dopo, tradito lo stupido Moro.
Otello è quindi una tragedia potente, nella quale il tema della gelosia è utilizzato da Shakespeare per mostrarci moltissime altre cose attinenti la coscienza umana e soprattutto come questa possa essere facilmente manipolata quando si trovi di fronte interessi concreti e strumenti adeguati. 



Recensione: Amleto

 Amleto di William Shakespeare 

Titolo: Amleto

Titolo Originale: Hamlet 

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Teatrale (Classici) 

Prezzo Cartaceo: € 9,50

Prezzo Ebook: € 3,99, con KindleUnlimited € 0,00

Pagine: 320

Pubblicazione: 5 giugno 2013

Editore: Feltrinelli 

Collana: Universale economica. I classici

Valutazione: ⭐⭐⭐⭐

Trama: La vicenda che Shakespeare doveva mettere in scena era, senza mezzi termini, il rapporto di una mente umana con la vita, e il suo problema, allora, era quello di far muovere Amleto, con la sua "prodigiosa consapevolezza" (Henry James), su un terreno adeguato al personaggio e alla sua ricerca. Poiché tutta la vita doveva essere messa in discussione, sottoposta all'analisi, al dubbio di un Amleto che è l'unico moderno, Shakespeare crea una struttura supremamente elastica e comprensiva, capace di abbracciare pianto e riso, ragione e follia, amore e odio; di passare da un universo domestico a un paesaggio sconfinato, da un salone di corte a un campo militare, da una fortezza a un cimitero. Se bene guardiamo l'Amleto, vediamo come ogni esperienza umana vi venga rappresentata. Tutta la vita; e più ancora: la vita vista come immagine di se medesima, come teatro.

Recensione: L'Amleto è, sostanzialmente, un dramma illimitato.

Perché? Perché è stato analizzato e interpretato attraverso le varie epoche, fino ai giorni nostri, in questo consiste la sua grandezza.

Shakespeare con l'Amleto ci dona quello che è un meraviglioso affresco della natura umana, Amleto come personaggio racchiude in sé numerose sfaccettature della natura umana, chi non si riconosce in almeno un aspetto di questo personaggio? Amleto non è l'eroe del dramma, ma è il villain ( il cattivo shakespeariano), egli tratta male la donna che lo ama, ne uccide il padre e anche il fratello.

Ma il dramma sembra reggersi sull'indecisione di Amleto a compiere la sua vendetta nei confronti dello zio, non a caso il dramma è stato definito anche dramma ''dell'inazione''.

Tutto ruota attorno ad Amleto e ai suoi problemi, è lui il motore della tragedia. Amleto è anche visto come il motore del romanticismo, perché essenzialmente Amleto sembra essere afflitto da un 'male di vivere' che lo rende un pessimista(a tratti cosmico).


Tuttavia, Amleto è anche un personaggio dall'intelletto sconfinato, le sue riflessioni ci fanno riflettere sul valore della vita e su ciò che ci circonda.
Infatti è famosissimo il terzo monologo di Amleto nel quale egli è scisso tra'' to be or not to be'' , è questo essenzialmente il suo dramma, essere o non essere, agire o non agire, vivere o non vivere, ne vale la pena?

Altro tema fondamentale è quello della follia (madness), Amleto utilizza quest'ultima come mezzo per la sua vendetta, nonostante egli non riesca a decidersi ad attuarla.
La pazzia entra in scena dopo la comparsa del fantasma di suo padre, e accompagnerà Amleto per tutto il dramma, fino alla svolta provvidenziale in cui il protagonista affermerà: '' essere pronti è tutto'' , questa affermazione spiazza un po' il lettore, non ci sono tracce della provvidenza prima di questo verso.
Tuttavia, è necessario ricordare che è inutile cercare la coerenza nei personaggi di Shakespeare, l'autore scrive prima dell'avvento del romanzo borghese e dunque il realismo non è sicuramente un elemento fondamentale.

Con questo dramma Shakespeare sembra aver segnato l'inizio del dramma moderno in cui l'uomo è messo al centro di questo meraviglioso sistema, che è il teatro, considerato da Amleto strumento di indagine della realtà per eccellenza.

“essere o non essere: questo è il problema”




Recensione: Romeo e Giulietta

 Romeo e Giulietta di William Shakespeare 

Titolo: Romeo e Giulietta 

Titolo Originale: Romeo and Juliet 

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Teatrale (Classici) 

Prezzo Cartaceo: € 9,00

Prezzo Ebook: € 2,49

Pagine: 270

Pubblicazione: 4 giugno 2014

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica. I classici

Valutazione: ⭐⭐⭐⭐

Trama: In "Romeo e Giulietta" (1595-1596) la morte è presente in vario modo fin dall'inizio. Ma è con il duello tra Mercuzio e Tebaldo che essa entra realmente in scena e avvia quella sua presa di possesso della città cui la tragedia conduce. Non solo, ma che la prima vittima sia Mercuzio, simbolo di giovinezza e di libertà, della gioia di vivere e della stessa gioia di far teatro, è anche indicativo di chi sia l'oggetto di questo assalto della morte: non i vecchi, ma i giovani, non il declinare della vita, ma il suo sbocciare, non la stanchezza, l'aridità del cuore, ma la sua freschezza, il suo desiderio d'amore. Tebaldo uccide Mercuzio; Romeo uccide Tebaldo, finché, come sappiamo, la morte aggredisce anche Romeo e Giulietta, e la "bella Verona" celebrata all'inizio si trasforma in una tomba. Nulla di vivo resta se non i vecchi, la cui faida e il cui egoismo, non il caso, hanno ucciso i giovani. Romeo e Giulietta potranno finalmente stare insieme ma solo nella cripta, con il loro amore raggelato per l'eternità nelle statue d'oro che i carnefici eleveranno a ricordo.

Recensione: L'amore è il tema, naturalmente, centrale.

E come spesso accade nei puri amori è alla fine un viatico verso la disperazione e infine la morte.

Questa "semplicità" di lettura l'ha resa immortale alle masse e anche a quelli che magari non hanno dimestichezza con la vera letteratura e quindi magari se leggessero "Otello" o "Amleto", ne caverebbero più interrogativi che risposte.

L'amore è il fulcro della vicenda, esplode sin da subito come fiamma incontrollabile, che da una parte accende i cuori dei protagonisti e conseguentemente coinvolge le famiglie che vi sono intorno e poi lentamente e subdolamente va a consumare la loro linfa vitale, come una fiammella che brucia la candela, fino al suo inevitabile spegnimento, come per tutte le cose che ardono al di là delle proprie capacità.
Per un giovane che si avvicina a questo tipo di opera naturalmente sentirà pulsare nel proprio cuore il desiderio di poter vivere almeno una volta nella propria vita, un così grandioso e unico sentimento, per chi invece è un poco più maturo, e magari quella fiamma lo ha già "bruciato" in passato è normale che leggendo il testo, ne provi un sentimento più disincantato, ripensando a quanto questo amore sia sublime da un lato e beffardo dall'altro. 

Consiglio la lettura. 

"Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente." William Shakespeare"




Recensione: Amici sospetti

 Amici sospetti di Jane Shemilt 

Titolo: Amici sospetti 

Titolo Originale: The playground 

Autore: Jane Shemilt 

Genere: Thriller

Prezzo Cartaceo: € 4,90 

Prezzo Ebook: € 2,99

Pagine: 352

Pubblicazione: 2022 

Editore: Newton Compton Editori 

Collana: Gli insuperabili Gold

Valutazione: ⭐⭐

Trama: Quando i loro figli diventano inseparabili a scuola, tre coppie di genitori cominciano a frequentarsi più assiduamente. Barbecue e festicciole improvvisate, merende e persino una vacanza in Grecia diventano l'occasione per conoscersi meglio. Ma se all'apparenza le famiglie sembrano aver trovato un certo affiatamento, sotto la superficie si annidano tensioni: piccoli risentimenti dissimulati da un atteggiamento festoso, la nascita di una relazione che va tenuta assolutamente segreta. E mentre sono presi dai loro affari, gli adulti cominciano a occuparsi meno dei figli, lasciandoli troppo soli... Finché una tragedia sconvolge le loro vite. Nella disperata ricerca della verità, le tre coppie si renderanno conto che, approfittando della loro distrazione, il male si è avvicinato ai ragazzi, gettando un'ombra scura sul mondo rassicurante in cui credevano di vivere. E l'incubo peggiore di ogni genitore ha inizio.

Recensione: Definire questo romanzo un thriller è quantomeno un azzardo perché di thriller ha poco e niente, in compenso lo si può tranquillamente definire una noia mortale.

Sostanzialmente per più della metà del libro non succede assolutamente nulla, tranne la descrizione analitica e verbosissima delle vicende di un gruppo di genitori insopportabili.

Poi succede finalmente l'evento X, seguono altre pagine di noia fino al finale assolutamente prevedibile, sconclusionato e inverosimile. 
Questo libro mi ha completamente deluso.



Recensione: Io non ho paura

  Io non ho paura di Niccolò Ammaniti Titolo: Io non ho paura Autore: Niccolò Ammaniti Genere: Narrativa Italiana Prezzo Cartaceo: € 14,00 P...