Recensione: Riccardo III

 Riccardo III di William Shakespeare 

Titolo: Riccardo III

Titolo Originale: King Richard III

Autore: William Shakespeare 

Genere: Letteratura Inglese-Teatrale (classici) 

Prezzo Cartaceo: € 9,00

Prezzo Ebook: € 2,99

Pagine: 303

Pubblicazione: 15 gennaio 2015

Editore: Garzanti

Collana: I grandi libri

Valutazione: ⭐⭐⭐

Trama: Dalla prima rappresentazione teatrale fino alle recenti produzioni cinematografiche, la "leggenda nera" di Riccardo III ha sempre goduto di una vasta fortuna. L'intelligenza sfavillante e demoniaca dell'usurpatore, la sua mostruosità morale, emblema di un mondo governato dalla violenza, dalla frode e dalla paura, mettono in ombra ogni altro personaggio di questo dramma della volontà di potenza. Shakespeare non giudica Riccardo né lo condanna, ma suggerisce un nesso tra la sua smodata malvagità e la sua deformità fisica. Contro quella "perfida natura" che l'ha "solo per metà sbozzato", Riccardo III ingaggia una sfida disperata: "Visto, dunque, che il cielo ha così formato il mio corpo/l'inferno perverta la mia mente sicché corrisponda ad esso". Introduzione di Nemi D'Agostino.

Recensione: Il duca di Gloucester (in seguito Re Riccardo III) è senza alcun dubbio il personaggio più sanguinario della produzione shakespeariana.

Subdolo come Iago in "Otello", egli è un uomo capace di eliminare senza remore tutto (e tutti) ciò che si frappone tra sé e il suo obiettivo: il trono.
Tutto, in quest’opera, ruota intorno a colui che le presta il nome, il quale giustifica le sue cruente azioni attribuendole al suo mostruoso aspetto, all’inclemenza della natura che non gli ha concesso un’esteriorità apprezzabile impedendogli di condurre una vita normale e, dunque, di sviluppare un animo buono.
La decisione di cominciare ad agire in armonia con la propria bruttezza, dunque, è la premessa che da inizio al “Riccardo III”, considerata una delle tragedie più forti del Bardo.

Basta prendere in considerazione i personaggi femminili che per mano di Riccardo hanno subìto sofferenze e ingiustizie imperdonabili: nonostante i gravissimi torti subiti, dopo doverose ma fin troppo brevi resistenze finiscono tutte per cedere al fascino delle parole e dei motivi del duca.
Nonostante non sia la coerenza narrativa quel che più ci interessa in un’opera shakespeariana, in questa tragedia più che in altre si nota qualche forzatura di troppo che toglie potenza ai versi.
Nessuno nutre dubbi sulle malefatte del duca di Gloucester né tantomeno lui si preoccupa di negarle a lungo, ma questi orrendi crimini che toccano persone molto care ai diretti interessanti vengono ben presto accantonate, come non fossero abbastanza gravi da rifiutargli concessioni anche importanti.
Giusto per fare un esempio e sempre soffermandoci sui personaggi femminili, Anne concede la propria mano all’assassino del proprio marito, mentre accompagna la bara di quest'ultimo verso la sepoltura: mai vedovanza fu così breve.
Nondimeno, la regina offre la mano di sua figlia all’assassino dei suoi bambini, consapevole anche che quell’uomo è oltretutto responsabile della morte della sua precedente consorte: Anne.

Ai miei occhi tuttavia, queste scelte hanno finito per mettere questa tragedia un gradino sotto alle altre citate sopra, che restano salde sul trono a dispetto dell’usurpatore Riccardo, che avrà anche spodestato il Re, ma non scalza gli altri capolavori creati dal grandissimo William Shakespeare.

"Andate, signori! Ognuno al suo posto. I vani bisbigli dei sogni non atterriscano le nostre anime. 
La coscienza è una parola usata dai vili, inventata per impaurire i forti. Le nostre braccia potenti siano la nostra coscienza, le spade la nostra legge.
Avanti: combattiamo con coraggio, buttiamoci nella mischia; se non saremo adatti per il cielo allora, tenendoci per mano, andremo all'inferno."



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